QW.4

21.05.2020

Nicola Di Croce

QW4_Nicola Di Croce_partitura generativa_generative score

Note per una partitura partecipativa – Nicola Di Croce 
Quarantine workout

Quali sono i confini, le possibilità e i limiti, delle pratiche partecipative in campo sonoro durante un periodo di isolamento? Non mi riferisco alla fruizione frontale o da remoto di un evento, ma al tentativo di stabilire pur restando distanti una relazione diretta, una collaborazione con l’altro attraverso il suono e l’arte sonora. Penso alla necessità di condividere una maniera di ascoltare, di indagare la dimensione affettiva di una atmosfera quotidiana, di rispondere a uno stimolo o a un segnale, a una traccia capace di produrre un effetto, di influenzare un comportamento, di illuminare un percorso.

La pratica relazionale si propone di costruire un processo, al centro c’è lo scambio, e quando questo scambio è di tipo acustico la dimensione intangibile del suono, che suggerirebbe una sua diffusione oltre i confini della presenza, si scontra col desiderio implicito di contatto che sfugga ai protocolli del distanziamento. Uno score restituisce un primo esempio di pratica sonora relazionale che elabora una tattica per affrontare criticamente il distanziamento, e contemporaneamente per favorire uno scambio tra chi lo elabora e chi lo esegue, un esercizio di consapevolezza e un invito non gerarchico a re-inquadrare collettivamente la pratica di ascolto individuale, e le sue opportunità di trasformazione del sé. L’unico medium è la traccia, l’indirizzo, la regola e i suoi margini di interpretazione, l’insieme delle variazioni che ammette. Da qui si può pensare alle risposte molteplici a una medesima partitura, al grado di differenziazione, e allo stesso tempo all’intersoggettività che sta guidando l’esercizio.

Provando a immaginare di moltiplicare gli effetti di una partitura, cosa succede se la risposta di chi la riceve è generativa? In altre parole, può uno score innescare uno scambio diretto tra chi lo elabora e chi lo esegue? O ancora, può inaugurare una relazione orizzontale tra coloro che lo praticano? Queste possibilità aprono la strada a nuovi esperimenti, il cui obiettivo non è moltiplicare la virtualità delle relazioni, ma raccogliere segni capaci di sovvertire la monodirezionalità di una partitura.

Sto immaginando un protocollo collaborativo per cui è lo score stesso a richiedere una risposta a chi lo ha eseguito, scegliendo un percorso che parte dal messaggio sonoro e decide di ritornare al mittente attraverso il medium sonoro, o altri medium. Può tornare al mittente nella forma di uno score di risposta, di commento, in un esercizio di dialogo che può innescare altre proposte. Il protocollo potrebbe cercare, in ultima analisi, di proporre l’interazione orizzontale tra i destinatari di una partitura. In questo caso chiamerebbe in causa lo scambio diretto tra esperienze di ascolto: un esercizio capace di conservare l’intimità dirompente di una esperienza non solo da condividere ma da rilanciare, una patata bollente il cui scottare è la spinta a interagire, a trasformare l’altro.

Non è un caso che una partitura partecipativa assomigli a un flash mob, non è un caso che il distanziamento veda la riscoperta delle catene di Sant’Antonio, che insistono proprio sulla possibilità generativa dello scambio orizzontale. Ma uno score non è una catena né l’appuntamento su un balcone, ha forse l’obiettivo opposto di liberare le nostre capacità percettive e affettive, di modificarci trasformando la maniera attraverso cui approcciamo il quotidiano.

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Notes for a participatory score – Nicola Di Croce 
Quarantine workout

What are the boundaries, the limits and possibilities, of sonic participatory practice during an isolation period? I’m not talking about head-on or remote enjoyment of an event; I’m rather considering the effort to create a direct relation, a collaboration with others through sound and sound art while being distant. I seek to share a way of listening, to investigate the affective dimension of an everyday atmosphere, to respond to a stimulus or a signal: a sign able to produce an effect, to influence an attitude, to enlighten a path.

Relational aesthetics aims at creating a process, its core is sharing. When such an exchange is sonic-based, the intangible dimension of sound – which would suggest a circulation beyond the borders of presence – collapse with a tacit desire of contact that runs away from any distancing protocol. A score is a first example of sonic relational practice able to develop a tactic for critically engage with distancing. At the same time it supports an interchange between who writes and who performs it. This is a mindfulness exercise and a non-hierarchical invitation to reframe collectively the personal listening practice, and its chance to transform the self. The only medium is the trace, the orientation, the rule and its room for interpretations, the series of variations it allows. From this point, it is possible to move forward the multiple answers to the same score, the levels of differentiation, and at the same time the inter-subjectivity that is leading any exercise.

In an attempt to imagine how to multiply the effects of a score, what happen if the receiver’s response would be generative? In other words, can a score trigger a direct exchange between who writes and who performs it? Accordingly, can a score launch a horizontal relation among whom practice it? These possibilities pave the way for new experiments whose target does not deal with increasing relations’ virtuality, rather with collecting signs as to overturn the unidirectionality of a score.

I’m envisioning a collaborative protocol where the score itself requests an answer from whom has performed it, following a path that starts form a sonic message and comes back to his sender through sound or other media. It could come back as a reaction score, it could comment it, engaging with a dialog-based practice that triggers new proposals. Ultimately, a protocol could suggest a horizontal interaction among a partiture’s receivers. In this last case the exercise recalls the direct interchange between different listening experiences while maintaining the disruptive intimacy of an experience that is not meant just to be shared, rather to be relaunched. A hot potato that can’t be hold, for its heat is the impulse to interact, to transform the others.

It is no coincidence that a participatory score looks like a flash mob, it is not by chance that through distancing people rediscover chain letters, which are precisely emphasizing the generative possibility of horizontal exchange. However a score is not a chain letter neither a happening performed on one’s balcony. Conversely, a score aims to release our perceptive and affective capabilities, change ourselves by transforming the way how we approach daily life.

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